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Milano, come assumere una badante richiedente asilo

AES DOMICILIO ci tiene a sottolineare che tutti gli articoli compilati hanno un fine puramente ‘informativo’ o ‘esplicativo’ e non hanno alcuna pretesa di esaustività, né entrano nello specifico dei casi. Per questi motivi si invitano i lettori a verificare e comunque a rivolgersi, in ogni caso, agli organi competenti per avere maggiori informazioni e sottoporre le proprie esigenze ed i casi personali. Altresì garantiamo che tutte le informazioni sono desunte da fonti accreditate e per quanto possibile riportate fedelmente.

Cosa accade se il collaboratore che si intende assumere non ha permesso di soggiono, ma ha fatto richiesta di asilo politico?

In questi casi il datore di lavoro può procedere lo stesso all’assunzione, poiché tale motivazione permette di effettuare attività lavorativa; infatti come stabilisce la Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali del 26 luglio 2016 n. 14751: “la ricevuta attestante la presentazione della richiesta di protezione internazionale, rilasciata contestualmente alla verbalizzazione della domanda (…), costituisce permesso di soggiorno provvisorio“.

Secondo la stessa circolare, la richiesta di asilo consente al richiedente di svolgere attività lavorativa decorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda di protezione laddove il relativo procedimento non si sia concluso ed il ritardo non sia ascrivibile al richiedente. Il datore, quindi, può assumere il richiedente asilo come lavoratore domestico (badante convivente, colf ad ore, babysitter) ma solo se sono trascorsi 60 giorni dalla formalizzazione dell’istanza di protezione internazionale, senza che chi di dovere si sia espresso.
Alcune Questure rilasciano una dichiarazione con la data di formalizzazione, altrimenti é necessario che il collaboratore rilasci al datore copia dell’ultima pagina della formalizzazione della domanda di protezione da dove si evince la data.

Nel caso in cui non sia stato rilasciato il permesso di soggiorno provvisorio, anche laddove la manifestazione di volontà sia stata espressa ma non verbalizzata o non siano ancora trascorsi i 60 giorni dal rilascio della ricevuta, saranno applicate le procedure previste in caso di occupazione irregolare di cittadini extracomunitari privi del permesso di soggiorno, compreso l’intervento delle forze dell’ordine per la verifica della posizione del cittadino straniero.

Per evitare queste conseguenze, è dunque necessario che il datore di lavoro, oltre a mettere in regola la badante il lavoratore e ad acquisire la verbalizzazione della domanda di protezione internazionale, acquisisca anche un’autodichiarazione da parte del lavoratore, nella quale lo stesso dichiari che il procedimento di richiesta protezione e asilo politico non si sia già concluso e che la mancata conclusione non sia a lui imputabile. Sono queste, infatti, le due condizioni che potrebbero invalidare il permesso di soggiorno.

La normativa di riferimento è contenuta nell’articolo 22, comma 12, del TU sull’immigrazione: nella versione originaria, la disposizione qualificava la condotta del datore di lavoro come contravvenzione, per la quale era prevista la sanzione dell’arresto da 3 mesi ad un anno, e l’ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato. Tale impostazione è stata però recentemente mutata, inasprendo la sanzione per il datore di lavoro e, soprattutto, qualificando la sua condotta come delitto.

Infatti, la disposizione vigente sanziona con «la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato» il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, ovvero il cui permesso sia scaduto (e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo), revocato o annullato.

Attenzione, dunque, alla regolarizzazione di chi si decide di assumere, poiché la mutata qualificazione dell’illecito (da contravvenzione a delitto) produce conseguenze sul piano dell’elemento soggettivo del reato, pertanto, sarà necessaria anche la prova del dolo e non solo della colpa.

Tutto ciò rappresenta un monito importante affinchè, nel processo di assunzione della badante, vengano coinvolti soggetti professionisti che sappiano informarvi e guidarvi nella scelta migliore, proprio come AES Domicilio che svolge ormai da anni questo tipo di mestiere e conosce perfettamente tutte le tutele e i diritti di cui abbiamo trattato.

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AES Domicilio (assistenza anziani a domicilio) è attiva con le proprie badanti in tutta la Regione Lombardia ed in particolare nelle province di Milano (badante Milano), Badante Monza, Badante Como, Badante Lecco, Badante Bergamo.