La badante a Milano: come funziona il ricorso
Introduzione
Noi di AES DOMICILIO ci occupiamo oramai da anni delle questioni riguardanti non solo le famiglie, ma anche il mondo delle badanti; e ci teniamo a che siano informate sui loro diritti quanto sui loro doveri. È una delle principali campagne mediatiche quelle di abbattere il lavoro nero, ma soprattutto di diffondere informazioni chiare, corrette, e soprattutto aggiornate sul mondo del lavoro (avvalendoci, come in questo caso, di fonti autorevoli come Noemi Secci de ‘laleggepertutti’), ed in particolar modo sul mondo delle badanti. Uno dei temi caldi è quello riguardanti le vertenze.
Innanzitutto, va detto che il rapporto di lavoro domestico costituisce una tipologia di rapporto di lavoro subordinato e, come tale, anche se con alcune importanti semplificazioni, è assoggettato alla stessa disciplina generale valida per il lavoro dipendente, oltreché alla legge sulla tutela del lavoro domestico ed al contratto collettivo di settore. La badante convivente, in particolare, o assistente familiare, è una lavoratrice che svolge mansioni di assistenza alla persona ed è normalmente qualificata come collaboratrice domestica, qualora svolga le proprie mansioni esclusivamente per le necessità della vita familiare del datore di lavoro.
Con il termine “vertenza di lavoro” si è soliti definire, impropriamente, la conciliazione in sede sindacale. In realtà, il termine “vertenza di lavoro” indica in modo generico un contenzioso in materia di lavoro, ossia tra lavoratore e datore, o committente. In sostanza, il lavoratore apre una contestazione nei confronti del datore di lavoro innanzi a un sindacato (o a un diverso organismo competente): il contenzioso se risolve se, a seguito dell’incontro tra le parti, si trova un accordo. Se non si perviene ad un compromesso, il lavoratore può decidere di rivolgersi in seguito all’autorità giudiziaria.
Prescrizione della retribuzione
Se la badante si ritrova con degli stipendi o, comunque con parte delle voci retributive (Tfr, rateo tredicesima, ferie non godute…) non pagati, non ha tempo illimitato per richiederli, in quanto i crediti retributivi sono soggetti a prescrizione.
Poiché in costanza di rapporto, normalmente, i lavoratori hanno timore di richiedere le proprie spettanze, normalmente i termini per la prescrizione dei crediti retributivi decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavorativo.
La prescrizione, comunque, si interrompe ed i termini decorrono nuovamente per effetto di qualsiasi atto scritto che evidenzi la richiesta di corrispondere il credito, o nel caso in cui il datore di lavoro riconosca il credito stesso.
Ad esempio, rientrano tra le cause di interruzione dei termini per la prescrizione:
- la notifica dell’atto di citazione in giudizio;
- la ricezione di ogni altro atto di richiesta del credito, quindi che metta in mora il debitore, cioè il datore di lavoro.
Denunciare il lavoro nero
Se la badante non è stata assunta regolarmente ha 5 anni di tempo, da quando ha cessato l’attività, per denunciare il datore di lavoro. Il termine non cambia se la cessazione è avvenuta per dimissioni volontarie e non per licenziamento. La diffida inviata entro 5 anni al datore di lavoro interrompe la prescrizione e fa decorrere nuovamente il termine. In pratica, il termine per avviare la vertenza di lavoro può risultare anche superiore a 5 anni se, prima che si verifichi la prescrizione quinquennale, viene inoltrata una raccomandata con ricevuta di ritorno dalla badante, per rivendicare i propri diritti. Si noti che, in merito al lavoro nero, recentemente è stato chiarito che il datore di lavoro è sanzionato, ma non è soggetto alla cosiddetta maxisanzione.
Chiedere gli arretrati
Per chiedere stipendi, differenze retributive o ratei arretrati la badante ha 5 anni di tempo che decorrono, anche in questo caso, dalla cessazione del rapporto. Si ricorda, a questo proposito, che mentre per la generalità dei lavoratori subordinati lo stipendio deve essere pagato con strumenti tracciabili, quest’obbligo non sussiste per i lavoratori domestici, che possono essere pagati in contanti.
È allora indispensabile che il datore di lavoro dimostri l’avvenuto pagamento, ad esempio chiedendo alla badante di sottoscrivere una ricevuta dei compensi erogati: in caso contrario, la lavoratrice ha il diritto di chiedere il dovuto.
Chiedere gli arretrati e i contributi INPS
La liquidazione, o Tfr, ossia il trattamento di fine rapporto, fa parte della retribuzione differita della badante e di tutti i lavoratori dipendenti in generale. In buona sostanza, si tratta di una spettanza (pari al totale della retribuzione utile annua diviso 13,5) che matura tutti i mesi, nella misura di 1/12, ma viene erogata solo alla fine del rapporto. Badanti e colf conviventi o colf ad ore hanno la facoltà, a differenza di quanto avviene per la generalità dei lavoratori subordinati, di domandare un’anticipazione del 70% della liquidazione, annualmente. Ad ogni modo, cessato il rapporto di lavoro, la badante ha 5 anni di tempo per chiedere il Tfr. La badante in nero o, in generale, la badante che si accorga che la contribuzione Inps non è stata accreditata, può richiedere al datore di lavoro il versamento dei contributi previdenziali.
Bisogna ricordare, a questo proposito, che i contributi si prescrivono in 5 anni; il termine di prescrizione diventa pari a 10 anni solo nel caso in cui il lavoratore abbia presentato formale denuncia di omessa contribuzione all’Inps.
Attraverso la costituzione della rendita vitalizia, comunque, è possibile recuperare i contributi omessi e prescritti.
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