Datrici di lavoro e badanti a Milano: donne a confronto
Per comprendere il carattere sostenuto dei flussi migratori (regolari ed irregolari) e la loro stessa persistenza a dispetto dei tentativi compiuti per ridimensionarne il volume, occorre considerare anche l’interesse dei paesi d’origine dei migranti, che traggono dalle loro rimesse ben più risorse di quelle ottenute attraverso gli aiuti allo sviluppo erogati grazie ai dispositivi della cooperazione internazionale.
“Alcuni dei paesi che hanno alimentato le migrazioni femminili dirette verso l’Italia (si pensi a Capo Verde e alle Filippine), ad esempio, promuovono da anni iniziative per incoraggiare l’emigrazione di una parte della popolazione attiva, emigrazione che sarà tanto più vantaggiosa quanto più definita dal registro della temporaneità”.
Proprio le donne impiegate presso le famiglie (badanti conviventi, badanti ad ore, badanti di condominio, colf conviventi, colf ad ore, babysitter) rappresentano, da questo punto di vista, una straordinaria risorsa a maggior ragione allorquando – come assai spesso avviene-sono emigrate da sole, lasciandosi dietro mariti, figli, genitori e fratelli. La coabitazione coi datori di lavoro si rivela funzionale alla compressione dei consumi personali e circoscrive decisamente il rischio d’espulsione; in questo modo, l’interesse dei paesi di destinazione a disporre di una manodopera adattabile e a buon mercato si salda con quello dei paesi d’origine a garantirsi un afflusso costante di rimesse, lasciando che siano queste donne e le loro famiglie a pagare il costo di una separazione forzata e dell’esclusione dal sistema dei diritti.
Laddove si fanno garanti della sicurezza economica dell’intera famiglia, queste donne privano se stesse e i loro familiari di quella sicurezza affettiva che solo la loro presenza potrebbe garantire. Spinte dall’esigenza di conservare il proprio posto di lavoro e massimizzare gli invii di denaro, riducono le visite fino a restare lontane per anni e poi rincontrare figli che quasi non le riconoscono. In tal modo, in tutti i paesi d’emigrazione, una quota elevata dei figli cresce separata da uno o da entrambi i genitori, priva delle loro manifestazioni quotidiane di affetto.
Come è stato scritto, questo “è il rovescio della medaglia, tutto femminile, della globalizzazione, che vede milioni di lavoratrici migrare dai paesi poveri del Sud del mondo per svolgere il lavoro da donne nel Nord del mondo, lavoro a cui le donne benestanti non sono più in grado o non hanno più voglia di dedicarsi. Spesso queste lavoratrici immigrate lasciano i propri figli alle cure di nonne, sorelle, cognate. Talvolta una figlia, ancora ragazzina, lascia la scuola per occuparsi dei fratelli più piccoli”.
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