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Un rapporto tra lavoro domestico e badanti straniere: il caso di Milano

È ormai consolidato agli occhi dei più che la maggior parte delle badanti è straniera; e tuttavia non possiamo non ricordare che il numero di badanti di nazionalità italiana sta crescendo sempre di più, venendo meno la barriera della vergogna e di un lavoro fino a poco tempo fa stupidamente definito ‘poco dignitoso’.

I cambiamenti sociali in corso negli ultimi decenni hanno determinato la crescente necessità, da parte delle famiglie italiane, di ricorrere a personale retribuito per assistere i sempre più numerosi anziani non autosufficienti. Questa nuova figura professionale, detta comunemente “badante” (o, più propriamente, “assistente familiare”), si è dunque affermata a partire dagli anni 2000 in misura sempre maggiore.

Anche nell’immaginario collettivo, “la badante” (declinato al femminile) è generalmente donna e dell’Est Europa. La presenza di donne immigrate, infatti, ha dato un forte impulso a questo fenomeno: si trattava (e si tratta) generalmente di donne giunte in Italia senza la famiglia, e quindi disponibili a vivere presso l’abitazione dell’assistito, che peraltro coincide con il datore di lavoro (o con un suo stretto familiare). Secondo i dati INPS, nel 2020 gli assistenti familiari in Italia sono 438 mila, di cui 402 mila donne. La componente maschile, pur aumentata negli ultimi anni, si attesta al di sotto del 10% in questa tipologia di contratto. Le donne, invece, hanno registrato negli ultimi dieci anni un costante aumento (+39% dal 2011 al 2020).

Osservando le aree di provenienza, le badanti dell’Est Europa rappresentano il 52,0% del totale. Circa un quarto (26,4%) viene dall’Italia, mentre tutte le altre nazionalità, sommate insieme, superano di poco il 20%. Le badanti dell’Est Europa sono dunque una realtà ormai ben radicata nel nostro Paese, a cui molte famiglie affidano la cura degli anziani non autosufficienti, preferendo la soluzione in house rispetto al ricovero in struttura.

Nell’ultimo decennio, tuttavia, il numero di badanti dell’Est Europa è rimasto sostanzialmente stabile, oscillando tra 200 mila e 230 mila, per attestarsi nel 2020 a 209 mila (+3,9% tra il 2011 e il 2020). Parallelamente, le badanti di nazionalità italiana hanno registrato un aumento di quasi 3 volte, passando da 36 mila a 106 mila (ovvero dal 12,4% al 26,4% del totale).

Grazie ai dati INPS (che si riferiscono naturalmente alla sola componente regolare), è possibile approfondire le caratteristiche delle badanti dell’Est Europa. A livello territoriale, oltre 6 su 10 sono al Nord (35,1% al Nord Est e 27,5% al Nord Ovest); circa un quarto si concentra nelle Regioni del Centro, mentre Sud e Isole, insieme, non raggiungono il 12%.

Le badanti dell’Est sono tendenzialmente in età avanzata: meno di un terzo ha meno di 50 anni, e addirittura solo il 9,1% ha meno di 40 anni. Quattro su dieci (39,2%) hanno tra 50 e 59 anni, e 3 su dieci (31,5%) oltre 60. Le over 50, dunque, rappresentano più del 70% tra le badanti dell’Est Europa.

Essendo una mansione praticata generalmente in convivenza con l’assistito, è evidente che le ore lavorate settimanalmente siano piuttosto elevate: un terzo delle badanti lavora infatti oltre 50 ore settimanali, e solo il 30% svolge meno di 30 ore.

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