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Milano, il Licenziamento della Badante durante la Gravidanza

“Badante” è un termine italiano che viene utilizzato per descrivere una persona che si occupa del sostegno e dell’assistenza di individui che non sono in grado di prendersi cura di se stessi a causa di età avanzata, malattia o disabilità.

Questo può includere l’assistenza con le attività quotidiane come il cibo, la pulizia, i bagni e la mobilità, nonché la compagnia e il supporto emotivo.

Alcune badanti a Milano vengono assunte per gestire la persona alcune ore durante la giornata (Badante a Ore), in base a quali sono le esigenze ed il momento di maggiore necessità; alcune badanti vivono con la persona di cui si prendono cura (Badante convivente), altre ancora lavorano durante la notte (Badante notturna) per le problematiche della persona da assistere.

Il termine “badante” si riferisce specificamente a coloro che forniscono questo tipo di assistenza in un ambiente domestico, piuttosto che in un ospedale o in una struttura di assistenza a lungo termine.

Detto questo trattiamo l’argomento del licenziamento in gravidanza.

Innanzitutto dobbiamo conoscere il periodo di astensione obbligatoria previsto dalla legge, dove la badante ha diritto a conservare il posto di lavoro.

Dall’inizio della gestazione fino al momento della astensione obbligatoria dal lavoro, la badante può essere licenziata solo per mancanze gravi che non consentono la prosecuzione del rapporto, nemmeno in via provvisoria.

La tutela non è imposta dalla legge ma dal contratto collettivo.

Periodo in cui vige il divieto:

  • durante i due mesi precedenti la data presunta del parto
  • durante il periodo che va dalla data presunta a quella effettiva del parto
  • durante i 3 mesi successivi al parto

Vediamo ora, prendendo spunto da sentenze del tribunale di Roma, un licenziamento particolare ovvero il licenziamento comunicato oralmente.

Con una sentenza del 20 ottobre 2015 n. 8965 in materia di licenziamento di una badante in gravidanza ha precisato che il licenziamento orale della lavoratrice domestica in gravidanza non porta alla reintegrazione nel posto di lavoro considerato che il rapporto di lavoro domestico è escluso dalla tutela dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Il licenziamento in questione porta invece al diritto del risarcimento dei danni, pari alla retribuzione non percepita nei cinque mesi in cui opera, il divieto di licenziamento della badante.

Per quanto sopra si ricorda che il CCNL lavoro domestico, all’art. 25, comma 3, prevede che “dall’inizio della gravidanza, purché intervenuta nel corso del rapporto di lavoro, e fino alla cessazione del congedo di maternità, la lavoratrice non può essere licenziata, salvo che per giusta causa. Le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice in tale periodo sono inefficaci ed improduttive di effetti se non comunicate in forma scritta o se non intervenute nelle sedi di cui all’art. 2113, 4° comma del codice civile.
Le assenze non giustificate entro i cinque giorni, ove non si verifichino cause di forza maggiore, sono da considerare giusta causa di licenziamento della lavoratrice.”

Si fa presente che per il lavoro domestico si applica l’articolo 62, comma 1, del D.Lgs. 151/2001 che prevede espressamente il pagamento del congedo di maternità obbligatoria.

 

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